QUANDO LA SOLDARIETA’ NON CONOSCE NAZIONALITA’



In questi giorni, le cronache dei giornali hanno riportato il coraggioso gesto di Viorin T., cittadino romeno di 44 anni, che in quartiere di Milano, dopo aver avvertito un forte odore di buciato proveniente da un appartamento non ha esitato un momento e,sfondando  la porta d’ingresso  e ha tratto in salvo la donna. Un gesto , che in una società sempre meno propensa ad occuparsi del prossimo e dove spesso anche il vicino di casa è un estraneo non solo meriterebbe particolare rilievo da parte degli organismi di informazione ma anche il sincero ringraziamento da parte delle autorità locali.

Propabilemnte, questo cittadino,  non si è reso conto di compiere un gesto eroico semplicemente e sobriamente ha pensato che in quella occasione e difornte alla possibilità di salvare una vita umana ha reputato di fare la cosa più ovvia , cercare di soccorre un’altra persona, un atto, che per citare il titolo di un libro celebre rientra in quella “banalità del bene” che spinge ( o dovrebbe spingere) gli esseri umani a comportarsi come fratelli, al di la delle differenze di lingua, sesso, religione o razza.

Proprio questo spirito di fratellanza, propabilmente ha spinto il Signor Viorin T a sfidare le fiamme e cercare di strappare dalle fiamme la vita di una anziana milanese. Uno spirito che, in tempi normali, non avrebbe bisogno di particoalre pubblicità, ma in momenti straordinari, come quelli che viviamo, necessita di essere adittato come esempio e modello. il Signor Viorin T , cittadino romeno, si è dimostrato, pienamente parte di quella cultura ambrosiana della solidarietà che è sempre pronta, con discrezione e silenzio, ad operare per il prossimo.

Per questo sarebbe bello che il Comune di Milano, potesse in qualche modo riconoscere a questo cittadino romeno una sorta di ecomio pubblico per  ringraziarlo, non solo del singolo gesto ma dell’esempio di civilità e altruismo dimostrato difronte al pericolo.

Questa notizia, inoltre, ci fa riflettere sulle nostre paure, o meglio su quelle che ci sono state fatte nascere, prima fra tutte la paura del “diverso” dello “straniero” . Un tema che ritorna spesso ad ogni appuntamento elettorale. Quando  per ragioni di voto e di consenso, non si guarda in faccia all’essere umano e si preferisce generare il “mostro” senza pensare che  una volta creata l’etichetta o la nomea questa risulta difficile da togliere dimenticando quanto invece dobbiamo all’immigrazione in termini di arrichimento.

Un arrichimento non solo culturale, infatti conoscere e comprendere altre culture è sempre un  fattore di crescita . Ma, l’immigrazione peremtte un ringiovanimento delle nostre città e dei nostri paesi, una nuova linfa che si innesta nel nostro vecchio albero che altrimenti sarebbe condannato alla morte certa. Le nostre campagne come farebbero a resistere senza l’apporto di tanti cittadini indiani? I nostri ospedali come farebbero ad offrire l’assistenza senza i tanti medici professionisti e infermieri che provengono dall’Europa Orientale? Sono questioni a cui dobbiamo non solo rispondere ma di cui dobbiamo prendere atto. Non posssiamo chiuderci ed arroccarci in posizioni che la Storia stessa ha condannato. L’immigrazione e gli immigrati non sono un “fenomeno” sono una realtà di cui dobbiamo prenderne atto, chiuderci in noi stessi non farebbe altro che condannare a morte la nostra stessa società.



Dott Marco Baratto
Associazione Culutrale Euromediterranea

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